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Wright of Derby, L'alchimista

 

Honoré de Balzac

Claes L’Alchimista
(La Recherche De L’Absolu)
Settima parte

 

– A constatare i diritti, i valori, l’attivo e il passivo. Quando tutto è ben stabilito, il consiglio di famiglia prende, nell’interesse dei minorenni, le decisioni che stima...
– Pierquin – disse Claes alzandosi dalla panchina, – procedete agli atti che stimerete necessari alla tutela dei diritti dei miei figli; ma risparmiateci il dolore di veder vendere ciò che apparteneva alla mia cara....
Non terminò: aveva detto queste parole con aria così nobile e con un tono di voce così profondo che Margherita prese la mano di suo padre e la baciò.
– A domani, – disse Pierquin.
– Venite a colazione, – disse Baldassarre.
Poi Claes parve raccogliere i propri ricordi ed esclamò:
– Ma nel mio contratto di matrimonio, che è stato fatto secondo il costume di Hainaut, avevo dispensato mia moglie dall’inventario perché non fosse tormentata; ed io neppure ci sono obbligato....
Ah, che gioia,–– esclamò Margherita: ci avrebbe dato tanto dolore...
– Ebbene, esamineremo il vostro contratto domani, – rispose il notaio un po’ confuso.
– Non lo conoscete dunque? – disse Margherita.
L’osservazione interruppe il colloquio e il notaio si trovò impacciato a continuare dopo l’osservazione di sua cugina.
– Il diavolo ci mette la coda, – si disse nel cortile.– Quest’uomo così distratto ritrova la me. moria proprio nel momento in cui ne ha bisogno per impedire che si prendano delle precauzioni contro su lui. 1 suoi figli saranno spogliati! È sicuro come due e due fanno quattro! Andate a parlar di affari a delle ragazze di diciannove anni che fan del sentimento. Mi son rotto la testa per salvar la sostanza di quei ragazzi, procedendo regolarmente e intendendomi con quel bravo uomo di Conyncks... Ed eccomi perduto nella stima di Margherita che va a domandare a suo padre perché volevo procedere a un inventario che essa crede inutile. E il signor Claes le dirà che i notai hanno la mania di stendere atti, che noi siamo notai prima di essere parenti, cugini o amici, del. le bestialità, infine...
Chiuse la porta violentemente maledicendo ai clienti che si rovinano per troppa sensibilità. Baldassarre aveva ragione, l’inventario non ebbe luogo: nulla fu dunque fissato circa la situazione nella quale si trovava il padre di fronte ai figli. Passarono molti mesi senza che la situazione della famiglia Claes mutasse. Gabriele saggiamente diretto dal signor De Solis che si era fatto il suo precettore lavorava di buona lena, imparava le lingue straniere e si preparava a superare l’esame necessario per essere ammesso alla scuola Politecnica; Felicita e Margherita avevano vissuto una vita completamente ritirata andando, per economia, ad abitare durante la bella stagione nientemeno che nella casa di campagna del padre. Il signor Claes si occupò dei propri affari, pagò i debiti ipotecando una somma rilevante sui suoi beni e visitò la foresta di Waignies.
A metà del 1817 il suo dolore a poco a poco placato lo lasciò solo e senza difesa contro la monotonia della vita che conduceva e che gli pesò. Lottò dapprima coraggiosamente contro la scienza che si andava insensibilmente risvegliando, proibì a se stesso di pensare alla chimica.– Poi vi pensò. Ma non volle occuparsene praticamente, non se ne occupò che teoricamente.
Questo costante studio fece rinascere la passione che divenne cavillosa. Cominciò a discutere se aveva promesso di non continuare le sue ricerche. e si ricordò che sua moglie non aveva voluto saperne del suo giuramento. Per quanto avesse promesso a se medesimo di non continuare nella ricerca della soluzione del suo problema, non poteva mutar determinazione dal momento che intravedeva un successo? Aveva già cinquantanove armi. A questa età l’idea che lo dominava assunse l’ostinata fissità colla quale cominciano le monomanie. Le circostanze pure cospirarono contro la sua lealtà che vacillava. La pace di cui l’Europa godeva aveva reso possibile lo scambio di scoperte e di idee scientifiche acquistate durante la guerra dagli scienziati dei diversi paesi tra i quali non si erano più avute relazioni da vent’anni. La scienza, dunque, aveva camminato. Claes trovò che i progressi della chimica si erano diretti, all’insaputa dei chimici, verso l’oggetto delle sue ricerche. La gente in contatto coll’alta scienza pensava, come lui, che la luce, il calore, l’elettricità, il galvanismo e il magnetismo erano diversi fenomeni di una causa unica, che la differenza esistente fra i corpi, fino a quel momento ritenuti semplici, doveva dipendere dalla diversità del. la dose di un principio ignoto. La paura di vedere scoprire da un altro la riduzione dei metalli, e il principio costitutivo dell’elettricità, due scoperte che conducevano alla soluzione dell’assoluto chimico, aumentò ciò che gli abitanti di Douai chiamavano una pazzia e portò i suoi desideri a un grado di parossismo concepibile da quelli che sono appassionati per le scienze o che hanno conosciuto la tirannia delle idee. Così Baldassarre si trovò in preda ad una passione tanto più violenta quanto più era stata sopita.
Margherita, che spiava gli stati d’animo attraverso i quali passava suo padre, riapri la sala Con questo, risollevò i dolorosi ricordi che si ricollegavano alla morte della madre, e realmente riuscì, risvegliando i rimpianti del padre, a ritardare la caduta nell’abisso in cui doveva nondimeno precipitare. Volle andare in società e obbligò Baldassarre a distrarsi. Molti partiti notevoli le si presentarono e occuparono Claes, per quanto Margherita dichiarasse che essa non si sarebbe sposata prima di avere venticinque anni. Malgrado gli sforzi della figlia, malgrado lotte violente, Baldassarre al principio dell’inverno riprese, di nascosto, le sue esperienze.
Era difficile nascondere tali occupazioni a delle donne curiose. Pertanto un giorno Marta disse a Margherita mentre l’aiutava a vestirsi:
– Signorina, siamo perdute! Quel mostro di un Mulquinier, che è il diavolo travestito, perché non gli ho mai visto fare il segno della croce, è risalito in solaio. Ecco il vostro signor padre in viaggio per l’inferno... Voglia il cielo che non vi uccida come ha ucciso la povera cara signora! –
– Ciò non è possibile, – disse Margherita.
– Venite a vedere le prove del loro lavoro...
La signorina Claes andò alla finestra e scorse infatti un sottile fumo uscire dal camino del laboratorio.
– Fra qualche giorno ho ventun anni, – pensava, – e saprò oppormi alla distruzione dei nostri beni.
Abbandonandosi alla sua passione, Baldassarre dovette di necessità aver meno scrupoli per gli interessi dei suoi figli di quello che aveva avuto per quelli di sua moglie. Le barriere erano meno alte, la sua coscienza più larga, la sua passione diventava più forte. Così si incamminò nella sua carriera gloriosa di lavoro, di speranza, e di miseria colla foga di un uomo invaso dalla fede. Sicuro del risultato, si mise a lavorare giorno e notte con un orgasmo di cui le sue figliole rimasero atterrite, poiché ignoravano come poco nuoccia il lavoro di cui un uomo gioisce. Appena il padre ebbe ripreso le sue esperienze, Margherita abolì il superfluo a tavola, divenne di una parsimonia degna di un avaro e fu ammirevolmente aiutata da Josette e da Marta. Claes non s’accorse di questa riforma, che riduceva la vita allo stretto necessario. Prima di tutto non faceva colazione, poi non scendeva dal suo laboratorio che al momento di pranzare, quindi andava a letto dopo di essere rimasto per qualche ora in sala fra le due figliole senza dire una parola. Quando si ritirava esso gli auguravano la buona notte ed egli macchinalmente si lasciava baciare in viso. Una simile condotta sarebbe stata causa delle più grandi infelicità domestiche se Margherita non fosse stata avvezza ad esercitare, fin ala prima, l’autorità di una madre, e non fosse stata difesa da una segreta passione contro gli inconvenienti di una così completa libertà. Pierquin aveva cessato di venir a trovare le cugine stimando che la loro rovina stava per essere completa. Le proprietà rurali di Baldassarre, che rendevano sedicimila lire e valevano duecentomila scudi, erano già gravate da trecentomila lire di ipoteca. Prima di rimettersi alla chimica Claes aveva fatto un grosso prestito; la rendita era appena sufficiente a pagarne gli interessi; ma, siccome coll’imprevidenza propria di un uomo fisso in un’idea, lasciava a Margherita gli affitti per le spese di casa, il notaio aveva calcolato che tre anni sarebbero stati sufficienti per rovinare gli affari, e che i legali avrebbero divorato quello che non aveva mangiato Baldassarre. La freddezza di Margherita aveva ridotto Pierquin a uno stato di indifferenza quasi ostile. Per darsi il diritto di rinunciare alla mano di sua cugina, se diventava troppo povera, diceva dei Claes con aria di compassione:
– Questa povera gente è rovinata! Ho fatto tutto quello che potevo per salvarli; ma che volete! La signorina Claes ha rifiutato tutti i mezzi legali che potevano evitarle la miseria...
Nominato rettore del collegio di Douai per mezzo della protezione di suo zio, Emanuele reso meritevole di questo posto dal suo straordinario merito, veniva tutti i giorni alla sera a trovare le due giovani che chiamavano vicino a loro la governante appena il padre andava a letto. Il colpo di martello dolcemente percosso dal giovane de Solis non tardava mai. Da tre mesi, incoraggiato dalla graziosa e muta riconoscenza colla quale Margherita accettava le sue cure, era diventato lui stesso. Lo splendore della sua anima pura come un diamante brillò senza nubi e Margherita poté apprezzarne la forza e la costanza vedendo quanto la sorgente fosse inesauribile. Essa vedeva sbocciare ad uno ad uno i fiori dopo averne in precedenza aspirato il profumo. Ogni giorno Emanuele realizzava una delle speranze di Margherita e illuminava la regione incantata dell’amore con nuove luci che scacciavano le nubi. rasserenavano il loro cielo e coloravano feconde ricchezze fino allora sepolte nell’ombra.
Più libero, Emanuele poté rivelare le seduzioni del suo cuore fino allora discretamente celate: la gaiezza espansiva della gioventù, la semplicità propria di una vita dedita allo studio, i tesori di uno spirito delicato che il mondo non aveva ancora corrotto tutte le innocenti gioie che stanno così bene alla gioventù innamorata. La sua anima e quella di Margherita si intesero meglio, essi penetrarono insieme fino in fondo al loro cuore e vi trovarono i medesimi pensieri: perle di uno stesso splendore. fresche e soavi armonie simili a quelle che sono in fondo al mare e che, dicono, affascinano i palombari! Si fecero conoscere l’uno all’altra con quegli scambi di idee, con quella alterna curiosità che in tutte due prendeva le forme più deliziose del sentimento, senza falso pudore ma non senza mutue civetterie. Le due ore che Emanuele veniva a passare tutte le sere, fra le due giovinette e Marta rendevano possibile a Margherita l’accettazione della vita d’angoscia e di rassegnazione, della quale si era posta. Questo amore ingenuamente crescente fu il suo sostegno. Emanuele nelle sue prove d’affetto portava quella grazia naturale che tanto seduce; quello spirito fine e delicato che dà un tono diverso alla varietà dei sentimenti, come la sfaccettatura toglie la monotonia alla pietra preziosa, facendone scintillare tutte le luci ammirevoli risorse il cui segreto appartiene ai cuori amanti e che rendono le donne docili alla mano artista sotto la quale le forme rinascono sempre nuove, alla voce che non ripete mai una frase senza rinnovellarla con nuove inflessioni. L’amore non è solo un sentimento è anche un’arte.
Qualche semplice parola, una precauzione, un niente rivelano alla donna il grande e sublime artista che può commuovere il suo cuore senza stancarlo. Più Emanuele proseguiva, più le sue espressioni d’amore erano affascinanti.
– Ho prevenuto Pierquin,– le disse una sera: – viene a darvi una cattiva notizia, preferisco comunicarvela io stesso. Vostro padre ha venduto la vostra foresta a degli speculatori che l’hanno rivenduta in lotti; gli alberi sono già tagliati. Il signor Claes ha ricevuto trecentomila lire in con tanti delle quali si è servito, per pagare i suo debiti a Parigi: e per estinguerli completamente è stato obbligato a fare un prelevamento di centomila lire sui centomila scudi che restano a pagare dagli acquirenti.
Pierquin entrò.
– Ebbene, cara cugina, – disse, – eccoci rovinati; ve l’avevo detto io, ma voi non avete voluto ascoltarmi. Vostro padre ha un bell’appetito. Per primo boccone, ha mangiato i vostri boschi. Il vostro sostituto tutore il signor Conyncks è ad Amsterdam, dove finisce di liquidare la sua sostanza e Claes ha approfittato di questo momento per fare il suo colpo. Questo non è bello. Ho appena sedotto a quel brav’uomo di Conyncks; ma quando arriverà tutto sarà rovinato. Voi sarete obbligata a perseguitare vostro padre. Il processo non sarà lungo ma sarà disonorevole, e il signor Conyncks non può esimersi dall’intentarlo: la legge lo vuole. Ecco il frutto della vostra ostinazione. Riconoscete adesso come ero prudente e come ero devoto ai vostri interessi?
– Vi porto una buona notizia, signorina, – disse il giovane De Solis colla sua voce dolce: Gabriele è ammesso alla scuola Politecnica. Le difficoltà che si erano presentate per la sua ammissione sono state appianate.
Margherita ringraziò l’amico con un sorriso e disse: – – Le mie economie avranno uno scopo! Marta, domani ci occuperemo dei bagagli di Gabriele. Povera la mia Felicita, avremo ben da lavorare! – disse baciando sua sorella in fronte.
– Domani l’avrete per dieci giorni: deve essere a Parigi il quindici di novembre.
– Mio cugino Gabriele prende una buona decisione,–– disse il notaio, squadrando il direttore, – poiché avrà bisogno di farsi una posizione. Ma, cugina cara, si tratta di salvare l’onore della famiglia: vorrete ascoltarmi questa volta?
– No, – disse, – se si tratta ancora del mio matrimonio.
– Ma che cosa volete fare?
– Io? niente.
– Ora siete maggiorenne.
– Fra qualche giorno: avete da offrirmi una proposta, – disse Margherita, – che possa conciliare i nostri interessi e ciò che dobbiamo a nostro padre, coll’onore della famiglia?
– Cugina, noi non possiamo fare niente senza vostro zio. Dato questo, ritornerò quando lui sarà di ritorno.
– Buon giorno, signore, – disse Margherita.
– Più diventa povera, e più fa la sdegnosa, pensò il notaio.–– Buon giorno, signorina,– soggiunse Pierquin ad alta voce.
– Signor direttore, i miei rispetti, – e se ne andò sena badare né a Felicita né a Marta.
– Da due giorni studio il codice, e ho consultato un vecchio avvocato amico di mio zio, – disse Emanuele con voce, tremante.– Partirò domani se mi autorizzate, per Amsterdam... Ascoltate, cara Margherita...
Diceva questa parola per la prima volta; essa lo ringraziò con un umido sguardo, con un sorriso e con un cenno del capo. Egli si fermò indicando Felicita e Marta.
– Parlate pure davanti a mia sorella, – disse Margherita. – Non ha bisogno di questa discussione per rassegnarsi alla nostra vita di stenti e di lavoro. Essa è così dolce e così coraggiosa! Ma è necessario conoscere fino a che punto il coraggio ci è necessario.
Le due sorelle si presero per mano e si abbracciarono quasi per scambiarsi un nuovo pegno della loro unione davanti alla disgrazia.
– Lasciateci, Marta.
– Cara Margherita, – riprese Emanuele, Lasciando trasparire nella inflessione della sua voce la felicità che provava nell’acquistare i piccoli diritti dell’affetto; – io mi sono procurato i nomi e la dimora degli acquirenti che devono le duecentomila lire che rimangono sul prezzo dei boschi abbattuti. Domani, se acconsentite, un avvocato agente a nome del signor Conyncks che non lo sconfesserà rimetterà nelle loro mani un alto di opposizione.
Fra sei giorni il vostro prozio sarà di ritorno, riunirà un consiglio di famiglia e farà emancipare Gabriele che ha diciotto anni. Essendo voi e vostro fratello autorizzati a esercitare i vostri diritti. Domanderete la vostra parte nel prezzo dei boschi, il signor Claes non potrà rifiutarvi le duecentomila lire fissate dall’opposizione. Quanto alle altre centomila che vi sono ancora dovute otterrete una obbligazione ipotecaria sulla casa che abitate. Il signor Conyncks esigerà delle garanzie per le trecentomila lire che toccano alla signorina Felicita e a Giovanni. Stando così le cose vostro padre sarà obbligato a lasciar ipotecare i suoi beni della pianura di Orchies già gravati di cento mila scudi. La legge dà una priorità retroattiva alle iscrizioni prese nell’interesse dei minorenni: tutto dunque sarà salvato. Il signor Claes avrà ormai le mani legate, i vostri terreni sono inalienabili, e non potrà prender più nulla a prestito sui suoi che corrisponderanno a somme superiori al loro valore. Gli affari si saran decisi in famiglia, senza scandalo, senza processo. Vostro padre sarà obbligato ad essere prudente nelle sue ricerche, se non anche a troncarle del tutto.
– Sì, – disse Margherita, – ma donde verranno le nostre rendite? Le centomila lire ipotecate su questa casa non ci renderanno niente poiché vi abitiamo i prodotti dei beni che mio padre possiede nella pianura di Orchies pagheran gli interessi di trecentomila lire dovute a degli estranei: e con che vivremo ?
– In principio, – disse Emanuele,–– mettendo le cinquantamila lire che resteranno a Gabriele della sua parte nei fondi pubblici ricaverete, secondo il tasso attuale, più di quattro mila lire di rendita che saranno sufficienti a pagare la sua pensione e il suo soggiorno a Parigi. Gabriele non può disporre né della somma intestata alla casa di suo padre, né dei capitali delle sue rendite: così non avrete da temere che ne sciupi un soldo, ed avrete un peso di meno. Poi non vi resteranno centocinquantamila lire per voi?
Mio padre me le chiederà, – disse Margherita con spavento – e io non saprò rifiutargliele.
– Ebbene, cara Margherita, voi potete salvarle ancora, spogliandovene. Mettetele sul libro mastro al nome di vostro fratello. Questa somma vi renderà dodici o tredici mila lire di rendita che vi permetteranno di vivere. Gli altri usciti di minorità, non potendo nulla alienare senza un consiglio di famiglia, guadagnerete così tre anni di tranquillità, questo punto vostro padre o avrà trovato la soluzione del suo problema o vi avrà rinunciato. Gabriele divenuto maggiorenne, vi restituirà i fondi per fare i conti fra voi quattro.
Margherita si fece spiegare ancora le disposizioni di legge che non poteva capire a tutta prima. Fu certo uno spettacolo nuovo quello di due amanti che studiavano il codice di cui Emanuele si era provvisto per insegnare alla sua amata le leggi che regalavano i beni dei minorenni: essa ne colse subito lo spirito, grazie alla naturale penetrazione delle donne che l’amore rendeva anche più acuta.
Il giorno dopo Gabriele ritornò alla casa paterna. Quando il signor De Solis lo restituì a Baldassarre, annunciandogli l’ammissione alla Scuola Politecnica il padre ringraziò il direttore con un gesto della mano e disse:
– Sono ben lieto.
– Gabriele dunque sarà uno scienziato.
– Fratello,– disse Margherita, vedendo Baldassarre risalire nel suo laboratorio, – studia, non sciupare danaro! Fa’ tutto quello che bisognerà fare; ma sii economo. I giorni in cui trovandoti a Parigi uscirai, va’ dai nostri amici, dai nostri parenti, per non prendere le abitudini che sono la rovina dei giovanotti. La tua pensione ammonta a mille scudi. Ti resteranno mille lire per i tuoi minuti piaceri.
– Rispondo di lui, – disse Emanuele De Solis – battendo la mano sulla spalla dell’allievo.
Un mese dopo il signor Conyncks aveva ottenuto da Claes, d’accordo con Margherita, tutte le garanzie desiderabili. I piani stabiliti con tanta saggezza da Emanuele De Solis furono interamente approvati. Davanti alla legge, di fronte a suo cugino la cui probità assoluta difficilmente transigeva sulle questioni d’onore, Baldassarre vergognoso della vendita a cui aveva acconsentito in un momento in cui era preso alla gola dai ereditari, si sottomise a tutto ciò che si richiese da lui, Soddisfatto di poter, in qualche modo, riparare al danno che quasi involontariamente aveva procurato ai suoi figli, firmò gli atti colla preoccupazione di uno scienziato. Era diventato del tutto imprevidente come i negri che alla mattina, vendono la moglie per una goccia di acquavite e la piangono alla sera. Non pensava nemmeno all’avvenire più prossimo, non si chiedeva quali sarebbero state le sue risorse una volta che avesse dato fondo al suo ultimo scudo; proseguiva nei suoi lavori e continuava i suoi acquisti senza sapere che non era più possessore della sua casa, delle sue proprietà che di nome, e che gli sarebbe stato impossibile, grazie alla severità delle leggi, di procurarsi un soldo dai beni dei quali era, in qualche modo, la tutela giudiziaria. L’anno 1818 trascorse senza nessun triste avvenimento. Le due giovanette pagarono le spese necessarie all’educazione di Giovanni e coprirono tutte le spese domestiche colle diciottomila lire di rendita intestate a Gabriele i cui semestri furono loro esattamente inviati dal fratello. Il signor De Solis perdette suo zio nel mese di dicembre di quell’animo.
Una mattina Margherita seppe da Marta che suo padre aveva venduto la collezione di tulipani, il mobilio dell’appartamento anteriore, e tutta l’argenteria, così che fu obbligata a riscattare le posate da tavola e a farvi incidere le proprie iniziali. Fino a quel giorno aveva mantenuto il silenzio sulle speculazioni di Baldassarre, ma alla sera, dopo pranzo, pregò Felicita di lasciarla sola con suo padre e quando, secondo la sua abitudine, si fu seduto accanto al camino in sala, Margherita gli disse:
– Caro padre, voi siete padrone di vendere tutto qui, anche i vostri figli. Qui obbediremo tutti senza lamentarci; ma sono obbligata a farvi osservare che siamo tutti senza danaro, che abbiamo appena da vivere quest’anno e che Felicita ed io saremo costrette a lavorare notte e giorno per pagare la pensione di Giovanni col ricavo dell’abito di pizzo che abbiamo cominciato. Ve ne scongiuro, mio buon padre, cessate i vostri lavori.
–– Hai ragione figlia mia: fra sei settimane tutto sarà finito! O io avrò trovato l’assoluto o l’assoluto sarà introvabile. Voi sarete tutti milionari. – – Lasciateci per ora un pezzo di pane! – rispose Margherita.
– Non c’è pane qui? – disse Claes con aria spaventata: – non c’è pane in casa di un Claes?… E tutti i nostri beni?
– Voi avete rasato al suolo la foresta di Waignies. Il terreno non è ancora sgombro e non può produr niente. Quanto alle vostre cascine di Orchies le rendite non sono sufficienti a pagare gli interessi delle somme che voi avete preso a prestito.
– Con che cosa viviamo dunque? – chiese.
Margherita gli mostrò il suo ago ed aggiunse:
– Le rendite di Gabriele ci aiutano, ma sono insufficienti. Io riuscirei a sbarcare il lunario fino alla fine dell’anno se voi non mi soffocaste di conti che io non mi aspetto: voi non mi dite nulla dei vostri acquisti in città. Quando credo di averne abbastanza per un trimestre e che i miei piccoli bilanci sieno fatti, m’arriva un conto di soda, di potassa, di zinco, di zolfo, che so io?
– Figlia mia, ancora sei settimane di pazienza: dopo sarò savio. E tu vedrai delle meraviglie, mia piccola Margherita.
– È ben tempo che pensiate ai vostri affari. Avete venduto tutto: quadri, tulipani, argenterie, non ci resta più niente. – almeno non fate debiti nuovi.
– Non ne voglio più fare, – disse il vecchio.
– Più? – esclamò essa. – Dunque ne avete?
– Niente, cose da poco.... – rispose e chinò gli occhi arrossendo.
Margherita per la prima volta si sentì umiliata davanti a questo abbassarsi di suo padre e ne provò tanta sofferenza che non osò interrogarlo. Un mese dopo questa scena un banchiere della città venne per esigere una lettera di credito di diecimila lire firmata da Claes. Margherita avendo pregato il banchiere di aspettare durante il giorno manifestando il rammarico di non essere stata informata di questo pagamento, questi l’avvertì che la casa Protez e Chiffreville ne aveva altre nove della stessa somma che scadevano di mese in mese.
– Ormai è fatta: l’ora è venuta.
Mandò a cercar di suo padre; camminando innanzi e indietro a gran passi per la sala, tutta agitata e parlando a se stessa:
– O trovare centomila lire, – essa disse,– o veder nostro padre in prigione!.... Come fare?
Baldassarre non scese. Stanca di aspettarlo Margherita salì al laboratorio: entrando lo vide nel mezzo di una vasta camera molto illuminata, piena di macchine e di vetri polverosi: qua e là dei libri, tavole ingombre di prodotti numerati con etichette. Dappertutto il disordine proprio delle cure dello scienziato offendeva le abitudini fiamminghe. Questo insieme di matracci, di storte, di metalli, di cristallizzazioni fantasticamente colorate, di provette ammucchiati ai muri o gettati sui fornelli era dominato dalla figura di Baldassarre Claes che, senza giacca, colle braccia nude come quelle di un operaio, mostrava il petto coperto di peli bianchi come i suoi capelli. I suoi occhi terribilmente fissi non avevano abbandonata una macchina pneumatica. Il recipiente di questa macchina era coperto da una lente formata da due vetri convessi la cui cavità era piena di alcool e che concentrava i raggi del sole penetrante da uno degli scompartimenti del rosone del solaio. Il recipiente, il cui piano era isolato, comunicava con dei fili di una immensa pila di Volta. Lemulquinier intento a far muovere il piano della macchina fissata su di un asse mobile per mantener sempre la lente in una direzione perpendicolare ai raggi del sole, si alzò colla faccia nera di polvere e disse:
– Ah, signorina, non avvicinatevi!
La vista del padre che quasi inginocchiato davanti alla macchina, riceveva in pieno la luce del sole, e i cui capelli sparsi sembravano fili di argento, la protuberanza del suo cranio, il viso contratto da una tensione terribile, la stranezza degli oggetti che lo circondavano, l’oscurità nella quale erano immerse le parti di questo vasto solaio dalle quali si dipartivano macchine bizzarre, tutto contribuiva a colpire Margherita che si disse con terrore:
– Mio padre è pazzo!
Essa si avvicinò per dirgli all’orecchio:
– Mandate via Lemulquinier.
– No, no, figlia mia, ho bisogno di lui: aspetto il risultato di una bella esperienza alla quale gli altri non han pensato. Ecco tre giorni che spiamo un raggio di sole. Ho i mezzi di sottoporre i metalli, in un vuoto perfetto, all’azione dei raggi solari concentrati e a quella della corrente elettrica. Vedi: fra poco si produrrà l’azione più potente di cui può disporre un chimico, e io solo…
– Eh, padre mio, invece di vaporizzare i metalli, dovreste conservarli per pagare le vostre lettere di credito...
– Aspetta, aspetta!
– È venuto il signor Mersktus; bisogna consegnargli diecimila lire fra quattro ore.
– Sì, sì, subito. Avevo firmato queste piccole cambiali per questo mese, è vero. Credevo che avrei trovato l’assoluto. Dio mio, se avessi il sole di luglio, la mia esperienza sarebbe fatta!
Si prese per i capelli, si sedette su di una brutta poltrona di vimini e nei suoi occhi brillarono alcune lagrime.
– Il signore ha ragione,– disse Lemulquinier. – Tutto ciò per colpa di quel cretino di un sole che è troppo debole, il vile, il pigro!
Il padrone e il servitore non badavano più a Margherita.
– Lasciateci, Mulquinier, – essa gli disse.
– Ah, ecco una nuova esperienza,– esclamò Claes.
– Padre mio, dimenticate le vostre esperienze, – gli disse la figlia quando rimasero soli, – voi avete da pagare centomila lire e noi non possediamo un centesimo... Lasciate il vostro laboratorio: si tratta oggi del vostro onore. Che cosa sarà di voi quando sarete in prigione? macchierete i vostri capelli bianchi e il nome dei Claes colla infamia di un fallimento? Io mi vi opporrò. Avrò la forza di combattere la vostra follia, e sarebbe terribile vedervi privo del pane nei vostri ultimi giorni. Aprite gli occhi Rulla vostra posizione, tornate in voi!
– Follia! – esclamò Baldassarre e si drizzò sulle gambe, fissò gli occhi scintillanti sulla figlia, incrociò le braccia più petto e ripetè la parola follia con tanta maestà che Margherita ne tremò.– Ah, tua madre non mi avrebbe detta questa parola! riprese. – Essa non ignorava l’importanza delle mie ricerche, essa aveva imparato una scienza per comprendermi, essa sapeva che io lavoravo per l’umanità e che non c’è nulla né di egoistico né di basso in me. Il sentimento della donna che ama è, e lo vedo, al di sopra dell’affetto filiale. Sì, l’amore è il più bello di tutti i sentimenti.– Essere ragionevole! giunse picchiandosi il petto: – non lo sono io? Noi siamo poveri, figlia mia, ebbene io voglio così. Sono vostro padre, obbeditemi. Vi farò ricchi quando mi piacerà. La vostra sostanza! ma è una miseria. Quando avrò trovato un solvente del carbonio, empirò la vostra sala di diamanti, e non è che una sciocchezza, al confronto di ciò che ricerco. Voi potete aspettare, quando io mi distruggo in sforzi sovrumani.
– Padre mio, io non ho il diritto di chiedervi conto dei quattro milioni che avete inghiottito senza risultato in questo solaio. Non vi parlerò di mia madre che avete uccisa. Se avessi un marito l’amerei senza dubbio quanto mia madre amava voi e sarei disposta a tutto sacrificargli come essa vi ha tutto sacrificato. Ho obbedito ai suoi voleri affidandomi completamente a voi: ve l’ho dimostrato non sposandomi per non obbligarvi a rendermi conto della vostra tutela. Lasciamo il passato e pensiamo al presente. Io vengo qui in nome di necessità che voi stesso avete create. C’è bisogno di denaro per i vostri assegni, capite? Qui non c’è più niente da prendere tranne che il ritratto del nostro avo Van Claes. Vengo dunque in nome di mia madre, che si è trovata troppo debole per proteggere i suoi figli contro il loro padre e che mi ha comandato di resistervi; vengo in nome dei miei fratelli, vengo padre mio a nome di tutti i Claes per ingiungervi di lasciare le vostre esperienze, di farvi una sostanza per conto vostro prima di continuarle. Se voi vi armate della vostra autorità paterna che non si fa sentire che per ucciderci, ho dalla mia parte i vostri avi e l’onore che parlan più forte della chimica. La famiglia prima della scienza. Sono stata anche troppo figlia!
– E tu vuoi essere allora il mio carnefice? disse con voce spenta.
Margherita fuggì per non venir meno al compito che si era imposto e credette di udire la voce di sua madre quando le aveva detto: "Non contrariare troppo tuo padre, amalo molto! ".
– La signorina fa una bella cosa lassù, – disse Lemulquinier scendendo in cucina per la colazione. – Stavamo per afferrare il segreto, non avevano bisogno che di un raggio di sole di luglio, perché il signore, ah, che uomo, è quasi un altro Dio! Non mancava che questo, – disse a Josette facendo scattare l’unghia del pollice destro sotto il dente detto volgarmente la paletta,– perché noi conoscessimo il principio di ogni cosa. Patatrac! essa è venuta a gridare per delle sciocchezze di lettere di credito.
– Ebbene, le pagate voi, – disse Marta, queste cambiali?
– Non c’è burro da mettere sul mio pane? disse Lemulquinier a Josette.
– E del denaro per comperarne? – rispose irritata la cuoca. – Come mai, vecchio mostro, se fate dell’oro nella vostra cucina del diavolo non fate anche un po’ di burro? Non sarebbe così difficile e al mercato ne vendereste da poter far andare la pentola. Mangiamo del pane secco, noi altri! Queste due signorine si accontentano di pane e noci, voi dunque sareste mantenuto meglio dei padroni? La signorina non vuol spendere che cento lire al mese per tutta la casa. Noi non mangiamo più che una volta sola al giorno. Se amate le leccornie avete su i vostri fornelli dove fate frittate di perle; al mercato non si parla più che di questo. Fatevi dei polli arrosto.
Lemulquinier prese il suo pane ed uscì.
– Va a comperare qualche cosa coi suoi denari, – disse Marta, – tanto meglio, sarà tutta economia. È avaro, quel cinese là!
– Bisognava prenderlo colla fame, – disse Josette. Ecco otto giorni che non ha spolverato in nessun luogo, io faccio il suo mestiere, lui è sempre
lassù: può ben compensarmi di questo regalandoci qualche aringa che porterà e che io andrò gentilmente a rubargli!
– Ah, – disse Marta,– sento piangere la signorina Margherita. Il suo vecchio stregone di padre sprofonderà la casa senza dire una parola da cristiano, lo stregone. Nel mio paese l’avrebbero già bruciato vivo; ma qui non si ha maggior religione che presso i mori d’Africa.
La signorina Claes soffocava a stento i singhiozzi attraversando la loggia.

 

(Fine della settima parte)

 


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