Trattando la questione delle porte solstiziali ci siamo
riferiti direttamente soprattutto alla tradizione indù, perché in essa i
dati che vi si riferiscono sono presentati nel modo più chiaro; ma in
realtà si tratta di qualcosa che è comune a tutte le tradizioni, e si può
trovare anche nell’antichità occidentale. Nel pitagorismo, in
particolare, il simbolismo zodiacale sembra aver avuto un’importanza
altrettanto considerevole; le espressioni ‘porta degli uomini’ e ‘porta
degli dèi’, da noi usate, appartengono del resto alla tradizione
greca; solo che le informazioni giunte sino a noi sono in questo caso
talmente frammentarie e incomplete che la loro interpretazione può dar
luogo a parecchie confusioni, che non sono mancate da parte di coloro che
hanno considerato tali informazioni isolatamente e senza renderle più
chiare per mezzo di un raffronto con altre tradizioni.
Anzitutto, per evitare certi equivoci, sulla posizione
reciproca delle due porte, occorre ricordarsi di quanto abbiamo detto sull’applicazione
del ‘senso inverso’, a seconda che le si consideri in rapporto all’ordine
terrestre o all’ordine celeste: la porta solstiziale d’inverno, o il
segno del Capricorno, corrisponde al nord nel ciclo annuale, ma al sud in
relazione al cammino del sole nel cielo; così, la porta solstiziale d’estate,
o il segno del Cancro, corrisponde al sud nel ciclo annuale, e al nord in
relazione al cammino del sole. Per questo, mentre il movimento ‘ascendente’
del sole va da sud a nord e il suo movimento ‘discendente’ da nord a
sud, il periodo ‘ascendente’ dell’anno dev’essere invece considerato
compiersi nella direzione nord-sud, e il suo periodo’ discendente’ in
quella sud-nord, come abbiamo già detto in precedenza. Proprio in rapporto
a quest’ultimo punto di vista, secondo il simbolismo vedico, la porta del dêva-loka
è situata verso nord e quella del pitri-loka verso sud,
senza che vi sia in ciò, malgrado le apparenze, alcuna contraddizione con
quello che troveremo più avanti.
Citeremo, corredandolo delle spiegazioni e rettificazioni
necessarie, il riassunto dei dati pitagorici esposto da Jérôme Carcopino1:
«I pitagorici» egli dice «avevano costruito tutta una teoria sui rapporti
dello Zodiaco con la migrazione delle anime. A quale data risalirebbe? È
impossibile saperlo. Fatto sta che nel secolo II della nostra era, essa
fioriva negli scritti del pitagorico Numenio, che ci è permesso di
conoscere attraverso un riassunto secco e tardivo di Proclo, nel suo
commento alla Repubblica di Platone, e un’analisi, al tempo stesso
più ampia e più antica, di Porfirio, nei capitoli XXI e XXII del De
Antro Nympharum». Ecco, diciamolo subito, un esempio piuttosto
significativo di ‘storicismo’: la verità è che non si tratta per nulla
di una teoria ‘costruita’ più o meno artificialmente, a questa o quella
data, dai pitagorici o da altri, a modo di una semplice opinione filosofica
o di una concezione individuale qualunque; si tratta di una conoscenza
tradizionale, che concerne una realtà di ordine iniziatico, e, proprio in
virtù del suo carattere tradizionale, non ha e non può avere alcuna
origine cronologicamente assegnabile. Sono, beninteso, considerazioni che
possono sfuggire a un ‘erudito’; ma egli dovrebbe almeno capire questo:
se la teoria in questione fosse stata ‘costruita dai pitagorici’, come
spiegare il fatto che essa si trova dappertutto, al di fuori di ogni
influenza greca, e in particolare nei testi vedici, che sono sicuramente di
molto anteriori al pitagorismo? Anche questo, Carcopino, in quanto ‘specialista’
dell’antichità greco-latina, può sfortunatamente ignorarlo; ma, da quel
che riferisce egli stesso in seguito, risulta che tale dato si trova già in
Omero; dunque, anche presso i Greci essa era conosciuta, non diremo solo
prima di Numenio, cosa fin troppo evidente, ma prima dello stesso Pitagora;
si tratta di un insegnamento tradizionale che si è trasmesso in modo
continuo attraverso i secoli, e poco importa la data forse ‘tardiva’
alla quale certi autori, che non hanno inventato nulla e non ne hanno mai
avuto la pretesa, l’hanno formulato per iscritto in modo più o meno
preciso.
Detto questo, torniamo a Proclo e a Porfirio: «I nostri
due autori concordano nell’attribuire a Numenio la determinazione dei
punti estremi del cielo, il tropico d’inverno, sotto il segno del
Capricorno, e il tropico d’estate, sotto quello del Cancro, e nel
definire, evidentemente sulle sue tracce, e sulle tracce dei ‘teologi’
che egli cita e che gli sono serviti da guide, il Cancro e il Capricorno
come le due porte del cielo. Sia per discendere nella generazione, sia per
risalire a Dio, le anime dovevano quindi necessariamente varcare una di esse».
Per «punti estremi del cielo», espressione un po’ troppo ellittica per
essere perfettamente chiara da sola, bisogna naturalmente intendere qui i
punti estremi raggiunti dal sole nella sua corsa annuale, dov’esso in
certo modo si arresta, da cui il nome di ‘solstizi’; a tali punti
solstiziali corrispondono le due ‘porte del cielo’, il che è appunto
esattamente la dottrina tradizionale che già conosciamo. Come abbiamo
indicato altrove, 2 questi due punti erano talora
simboleggiati - per esempio sotto il tripode di Delfi e sotto gli zoccoli
dei corsieri del carro solare - dal polipo e dal delfino, che rappresentano
rispettivamente il Cancro e il Capricorno. Inutile dire, d’altra parte,
che gli autori in questione non hanno potuto attribuire a Numenio la
determinazione stessa dei punti solstiziali, che erano noti da sempre; si
sono semplicemente riferiti a lui come a uno di coloro che ne avevano
parlato prima di loro, e come egli stesso si era già riferito ad altri ‘
teologi’.
Si tratta poi di precisare il ruolo proprio di ciascuna
delle due porte, ed è qui che nasce la confusione:, «Secondo Proclo,
Numenio le avrebbe rigidamente specializzate: per la porta del Cancro, la
caduta delle anime sulla terra; per quella del Capricorno, l’ascensione
delle anime nell’etere. In Porfirio, invece, è detto soltanto che il
Cancro è a nord e favorevole alla discesa, il Capricorno a sud e favorevole
alla salita: di modo che invece di essere strettamente assoggettate al ‘senso
unico’, le anime avrebbero conservato, sia all’andata che al ritorno,
una certa libertà di circolazione». La fine di questa citazione esprime, a
dire il vero, un’interpretazione di cui conviene lasciare tutta la
responsabilità a Carcopino; non vediamo assolutamente in cosa quel che dice
Porfirio sarebbe ‘contrario’ a quel che dice Proclo; forse è formulato
in modo un po’ più vago, ma sembra di fatto voler dire in fondo la stessa
cosa: ciò che è «favorevole» alla discesa o alla salita deve
probabilmente intendersi come ciò che la rende possibile, poiché non é
molto verosimile che Porfirio abbia voluto lasciar sussistere in tal modo
una specie di indeterminazione, il che, essendo incompatibile con il
carattere rigoroso della scienza tradizionale, non sarebbe in ogni caso in
lui che una pura e semplice prova d’ignoranza su questo punto. Comunque,
è visibile che Numenio non ha fatto altro che ripetere, sulla funzione
delle due porte, l’insegnamento tradizionale conosciuto; d’altra parte,
se egli pone, come indica Porfirio, il Cancro a nord e il Capricorno a sud,
evidentemente egli considera la loro posizione nel cielo; lo indica d’altronde
abbastanza chiaramente il fatto che, in quel che precede, sono in questione
i ‘ tropici ‘, che non possono avere altro significato oltre quello, e
non i ‘ solstizi’, che si riferirebbero invece più direttamente al
ciclo annuale; e per questo la posizione qui enunciata è inversa a quella
data dal simbolismo vedico, senza tuttavia che ciò costituisca alcuna
differenza reale, giacché si tratta di due punti di vista ugualmente
legittimi, che si accordano perfettamente fra di loro se si è capito il
loro rapporto.
Ma vedremo qualcosa di ancor più straordinario:
Carcopino continua dicendo che «è difficile, in mancanza dell’originale,
trarre da queste allusioni divergenti», ma che in realtà, dobbiamo
aggiungere noi, sono divergenti solamente nel suo pensiero, «la vera
dottrina di Numenio», che, abbiamo visto, non è la sua propria dottrina,
ma soltanto l’insegnamento da lui riferito, cosa d’altronde più
importante e più degna d’interesse; «ma risulta dal contesto di Porfirio
che, anche esposta sotto la sua forma più elastica» - come se potesse
esserci «elasticità» in un problema che è unicamente una questione di
conoscenza esatta - «essa resterebbe in contraddizione con quelle di certi
suoi predecessori, e, in particolare, con il sistema che alcuni più antichi
pitagorici avevano fondato sulla loro interpretazione dei versi dell’Odissea
in cui Omero ha descritto la ‘ grotta d’Itaca’», cioè quell’‘antro
delle Ninfe’ che non è altro se non una delle raffigurazioni della ‘caverna
cosmica’ di cui abbiamo parlato in precedenza. «Omero, annota Porfirio,
non si è limitato a dire che la grotta aveva due porte. Egli ha specificato
che una era volta al lato nord, e l’altra, più divina, al lato sud, e che
si discendeva dalla porta a nord. Ma non ha indicato se si poteva scendere
per la porta a sud. Dice solo: è l’entrata degli dèi. Mai l’uomo
prende il cammino degli immortali». Pensiamo che questo dev’essere il
testo stesso di Porfirio, e non vi vediamo la contraddizione annunciata; ma
ecco ora il commento di Carcopino: «Secondo questa esegesi, si scorgono, in
quel compendio, dell’universo che è l’antro delle Ninfe, le due porte
che s’innalzano ai cieli e sotto le quali passano le anime, e, al
contrario del linguaggio che Proclo mette in bocca a Numenio, quella a nord,
il Capricorno, fu dapprima riservata all’uscita delle anime, e quella a
sud, il Cancro, fu di conseguenza assegnata al loro ritorno a Dio».
Ora che abbiamo completato la citazione, possiamo
facilmente renderci conto che la pretesa contraddizione, anche qui, esiste
solo secondo Carcopino; c’è infatti nell’ultima frase un errore
evidente, e persino un duplice errore, che sembra veramente inspiegabile.
Anzitutto, è Carcopino che aggiunge di propria iniziativa la menzione del
Capricorno e del Cancro; Omero, a quanto dice Porfirio, designa le due porte
solo per mezzo della loro posizione a nord o a sud, senza indicare i segni
zodiacali corrispondenti; ma, siccome precisa che la porta «divina» è
quella a sud, bisogna concludere che è questa che corrisponde per lui al
Capricorno, esattamente come per Numenio, vale a dire che anch’egli situa
le due porte secondo la loro posizione nel cielo, e tale sembra quindi esser
stato, in genere, il punto di vista dominante in tutta la tradizione greca,
anche prima del pitagorismo. Inoltre, l’uscita delle anime dal ‘cosmo’
e il loro ‘ritorno a Dio’ sono propriamente una sola e identica cosa, di
modo che Carcopino attribuisce, apparentemente senza accorgersene, lo stesso
ruolo a entrambe le porte; Omero dice, tutto al contrario, che per la porta
a nord si effettua la ‘discesa’, cioè l’entrata nella ‘caverna
cosmica’ o, in altri termini, nel mondo della generazione e della
manifestazione individuale. In quanto alla porta a sud, essa è l’uscita
dal ‘cosmo’, e, di conseguenza, per essa si effettua la ‘salita’
degli esseri in via di liberazione; Omero non dice espressamente se si può
anche scendere per tale. porta, ma ciò non è necessario, poiché,
designandola come «entrata degli dèi», egli indica a sufficienza quali
siano le ‘discese’ eccezionali che vi si effettuano, conformemente a
quanto abbiamo spiegato nel nostro studio precedente. Insomma, che la
posizione delle due porte sia considerata in rapporto al cammino del sole
nel cielo, come nella tradizione greca, o in rapporto alle stagioni nel
ciclo annuale terrestre, come nella tradizione indù, è sempre il Cancro a
essere la ‘ porta degli uomini’ e il Capricorno la ‘porta degli dèi’;
non può esserci in questo alcuna variazione e di fatto non ve n’è
alcuna; è solo l’incomprensione degli ‘eruditi’ moderni che crede di
scoprire, nei vari interpreti delle dottrine tradizionali, divergenze e
contraddizioni che non vi si trovano.