|
Il Testamento di
Morieno è il primo testo dalchimia tradotto dallarabo nel XII secolo. Esso
compare in numerosi manoscritti ed è stato più volte stampato a partire dal XVI secolo
sino alla monumentale opera di Jean Jacques Manget, la Bibliotheca chemica curiosa,
pubblicata a Ginevra nel 1702. Lee Stavenhagen ne ha curato ledizione critica nel
1974, omettendo il doppio prologo di Roberto di Chester, che nel 1144 appunto tradusse
dallarabo il Testamento.
Di tale edizione si è avvalsa Michela Pereira per offrire la traduzione italiana
di questa preziosa testimonianza della letteratura alchimistica medievale, corredandola di
una puntuale introduzione. Il Testamento raccoglie le rivelazioni di Morieno,
eremita di Gerusalemme e discepolo di Adfar dAlessandria, a Khalid ibn Yazid ibn
Muawiyya, re degli arabi, «dei segreti divini del magistero e del compimento
dellarte alchemica». «Nellalchimia ricorda la Pereira- il sapere nasce
dal fare, e non si dà una conoscenza puramente teoretica, né una subordinazione
(applicazione) della pratica».
Nei procedimenti alchemici lartefice è consustanziale alla pietra, giacché
essa, come insegna Morieno a Khalid, «si estrae da te, tu sei la sua miniera, la si può
trovare presso di te e trarla da te, e dopo che ne avrai fatto esperienza aumenterà in te
lamore per essa. Comprendi questo, e saprai che è la verità» (p. 55). Il dialogo
tra Morieno e Khalid si sviluppa in modo piano, senza il gravame di eccessive cornici
allegoriche, soffermandosi in modo particolare sullanalogia tra la trasformazione di
sé e la trasformazione della materia e sullo sforzo e la pazienza che lopera
richiede, donde limmagine del viaggio periglioso, che costituisce un topos di tutta
la letteratura alchimistica, al termine del quale è possibile conseguire i segreti di
tutta la sapienza divina.
Così accadde allo stesso Morieno, come narra Roberto di Chester nel suo secondo
prologo (p. 37): «Allora Adfar disse: È bene che tu mi abbia cercato, e che tu mi abbia
trovato solo. Infatti ti rivelerò i segreti di tutta la sapienza divina, che finora mi
sono rifiutato di svelare quasi a tutti. Tu stati attento con tutte le facoltà della tua
mente a ciò che ti dico: perché io voglio fare di te il figlio a cui trasmetterò tutta
la mia dottrina». E in tal modo si comporterà Morieno nei confronti di Khalid:«Per la
tua devozione, la tua bontà, il tuo affetto, ho capito che non è opportuno che uno come
me ti tenga alloscuro delle cose che vuoi sapere» (p. 43). Il maestro, dunque,
trasmette come eredità sapienziale la dottrina alchemica al discepolo prediletto,
affinché il sapere accumulato in una vita possa illuminare il cammino di un altro
iniziato. |