Per molte ragioni, tra cui la
riservatezza suggerita dall’argomento inedito e la discrezione dei
proprietarii, il luogo ove si trovano le immagini descritte per il
momento deve rimanere ancora amorevolmente avvolto nel traslucido velo
che, tuttavia, cela e non cela.
Proverò dunque a chiamarlo Castello d’If, in ricordo della prigione di
Edmond Dantes, o Conte di Montecristo, prigione segreta in cui questi,
tuttavia, trovò una via verso la luce dopo aver appreso alcuni segreti
della vita. Il mio interesse nacque durante una visita di studio in questo
castello le cui origini sono databili circa al sec. XI. Più volte
rimaneggiato architettonicamente, il castello oggi si presenta come una
residenza signorile, dall’esterno medievaleggiante ma con gli interni in
gran parte rinascimentali e riadattati alla vita moderna.
Tutto il complesso sorge su un rilievo posto a guardia della sottostante
strada e ben protetto dalla gola scoscesa di un torrente. Vagando tra le
varie ali del castello giunsi nel chiostro accompagnato dagli attuali
proprietarii: un chiostro pressoché rinascimentale formato solo da un
lato da un breve loggiato. Già qui le volte erano affrescate con motivi
di vario genere alla foggia cinquecentesca. Il salone adiacente presenta
anch’esso la volta ffrescata con un episodio guerresco al centro e una
serie di medaglioni-ritratto, in foggia della numismatica romana, nella
parte bassa.
Tuttavia ciò che m’incuriosì fu la rampa di scale interna.
Purtroppo posseggo solo alcune foto, quelle che mi parvero più
significative, in quanto il mio studio era rivolto a finalità differenti
da quelle di queste righe; è mia intenzione tuttavia recarmi quanto più
presto possibile al castello per ottenere una sequenza completa delle
varie immagini. La rampa di scale a cui accennavo conduce, vado a ricordo,
per un tratto verso il basso, verso cioè un piano interrato; l’altro
tratto verso i piani superiori. Sulla volta della rampa sono affrescati
motivi decorativi tipici del secolo XVI, dragoni stilizzati, grottesche,
mascheroni etc..
Tuttavia in ogni tratto di scale vi sono raffigurate tre formelle che
contengono particolari motivi decorativi, tali da sembrare scene complete.
Sono proprio i soggetti di questi ovali che mi hanno indotto ad una
interpretazione esoterica, ad una riflessione alchemica. In particolare
sembra essere più curato, meglio conservato e realizzato il tratto di
scala discendente. Entro motivi quali putti, grifi, festoni e volute
fitomorfe si snodano dunque le formelle di cui oggi si discute. Le
immagini sono molto eloquenti per chi ha orecchie abituate, tuttavia
ancora sfugge qualcosa...
Le decorazioni per lo stile ed i soggetti in genere richiamano alla mente
le maioliche di fine ‘400 e inizi secolo XVI; la pressocchè inesistente
documentazione scientifica e/o fotografica presso gli archivi della
Soprintendenza non ha certo agevolato lo studio né tantomento ha
facilitato l’attribuzione cronologica. Tuttavia è possibile ipotizzare
per le immagini una datazione approssimata al secolo XVI: a questo punto
sorge la domanda “Gusto Cinquecentesco o reale messaggio alchemico?”.
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Tratto discendente della rampa di scale
È detto dalla tradizione come “scala del diavolo”; generalmente viene
spiegata questa terminologia in relazione ad una frattura dei gradini che
si sarebbe verificata a seguito di un colpo di coda di Lucifero.
Razionalmente sembra attribuibile ad una scossa di terremoto verificatasi
attorno al sec. XVII e forse
anche aggravata dalla spinta statica dei piani superiori della vetusta
struttura. Oggi, alla luce di una nuova interpretazione esoterica, la
dizione “del diavolo” può essere messa probabilmente in relazione con
le raffigurazioni delle formelle.
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Un
ulteriore elemento di questo mosaico è poco chiaro. Ai piani superiori
esisteva una sala detta “della Giustizia” ove si eseguivano sentenze
capitali. È in relazione a questa sala che viene interpretato da alcuni
un ambiguo bassorilievo che fa da architrave ad una porta: se pare
giustificata la relazione con la “sala della giustizia” il motivo
raffigurato di una bilancia, non lo è altrettanto per gli altri due
motivi scolpiti. Il bassorilievo realizzato in arenaria pare ascrivibile
anch’esso all’incirca ai sec. XIV e XVI. È costituito da un lungo
rettangolo tripartito raffigurante tre motivi diversi. Da
sinistra si rileva:
Capricorno. Sorta di caprone con corna e coda arrotolata a mo’ di ammonite.
Rosa. Decorazione circolare al cui interno sono realizzati
motivi puntiti che realizzano una polilinea a cinque punte in cui è inscritto un
triangolo.
Bilancia. Un braccio con polsino a merletto sostiene un bilancino a due
piatti equiordinati.
Ancora
una volta s’impone la domanda: “semplice gusto Cinquecentesco
per l’esoterismo o reale e intenzionale messaggio alchemico?”.
Ancora
una volta le immagini sembrano suggerire una interpretazione che oggi è
stata snaturata o corrotta; i frammenti sembrano ridare forma all’antico
vaso ma è proprio in questa fase che è più fragile.
Qualunque
amante dell’”Arte” in cui queste righe e queste immagini abbiano
svegliato il demone assopito mi aiuti a ricostruire il vaso.
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