Fuoco
Terza
lettura
[L’Alchimia
si fonda] “...sulla permutazione della forma da parte della
luce, fuoco o spirito.”
(DP
I, 71)
“La
chimica è incontestabilmente la scienza dei fatti, mentre
l’alchimia è quella delle cause... [questa] tenta di
penetrare il misterioso dinamismo che presiede alle loro
trasformazioni... ci permette di intravedere Dio attraverso le
tenebre della sostanza.”
(DP
I, 79)
“...L’agente
elementare fuoco senza
il quale non si può realizzare nessuna combinazione...”
(DP
I, 81)
[Il
fuoco] “..nella sua essenza spirituale... s’introduce nei
corpi nell’istante stesso in cui appaiono sul piano fisico.”
(DP
I, 83)
“Questo
principio universale... anima la sostanza, quale che sia il
regno cui appartiene. Quindi si manifesta intorno a noi, sotto i
nostri occhi, sia con le proprietà nuove che la materia ne
deriva, sia con i fenomeni che ne accompagnano le emanazioni.
La
luce - fuoco rarefatto e spiritualizzato - possiede le stesse
virtù e lo stesso potere chimico del fuoco elementare e
grossolano.”
(DP
I, 84)
(N.B.
I richiami sono: DP 1, Les Demeures Philosophales,
Tome I. DP 2, ibidem, Tome 2. Il numero di pagina
fa riferimento all’edizione del 1965. MC, Le
Mystère des Cathédrales, edizione del 1964. Le citazioni
derivano tutte da traduzioni fatte «ex novo» sui testi
originali). |
Ricreazione
La parola “fuoco”, in
francese feu, racchiude nel greco phúo
tutti i significati di produzione, procreazione e generazione delle cose. Il
fuoco è eminentemente ciò che fa nascere, che mette
al mondo, che porta alla luce. Non si ha nascita senza fuoco generatore. Quindi
giustamente gli è molto simile phôs,
luce, lume, splendore, gloria, ma anche fiamma, che del fuoco è la manifestazione più evidente. Il fuoco
è ciò che illumina per eccellenza. Non si ha illuminazione
senza fuoco. È lui che inizia ai
misteri, il vero Maestro.
L’alchimista è philosophus per ignem,
filosofo per mezzo del - o grazie al - fuoco.
Phós è uomo,
talvolta eroe, ma sempre uomo mortale.
In nulla al mondo si cela tanta luce
quanta negli esseri umani. Montfaucon de Villars nel Conte di Gabalis riassume così tutta l’Opera:
...dobbiamo
purificare ed esaltare l’elemento del fuoco che sta in noi e
rialzare il tono di questa corda allentata. Basta concentrare il
fuoco del mondo con specchi concavi in un globo di vetro; questo
è l’artifizio che tutti gli Antichi hanno nascosto
religiosamente e che il divino Teofrasto
(cioè Paracelso)
ha scoperto.
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Se ora ci
spostiamo sul vocabolo greco, scopriamo nuovi percorsi anagogici. Pûr,
fuoco, si collega a puráme, messa,
mietitura: ecco il vaglio, van
in francese, cioè il vento
che separa il grano dal loglio, il sottile dallo spesso (la terribile mietitura
della fine del ciclo).
Un’altra assonanza getta nuova luce sull’iconografia esoterica, per
esempio su certe immagini del Mutus Liber: púrgos, torre,
recinto, baluardo, muro con torri, e anche purgóo,
fortifico, e púrgoma,
mura turrite, fortezza.
Sulla facciata della chiesa cattedrale di Amiens si vuole che una
formella rappresenti Cristo mentre attraversa Gerusalemme. In effetti si
vede un uomo di una certa età, rivestito di toga, che passa tra una
fortezza turrita e una chiesa tenendo in ciascuna mano quelle che
potrebbero sembrare due lampade. Passeggiata notturna di Gesù in una
città che, massimo anacronismo, avrebbe già avuto chiese cristiane:
gli eruditi non ci dicono da quale misterioso e apocrifo vangelo sia
stato ripreso questo episodio. Resta per noi il fatto,
molto più interessante, che se quelle due lampade sono
interpretate come pesi di bilancia, come in effetti appaiono, sono
tenute come se si volesse indicare una proporzione, che potremmo
facilmente immaginare di più parti a una (tuttavia, si noti, i due pesi
sono stati rappresentati dal lapicida assolutamente identici).
Incuriosisce pûros, tufo
calcareo, concrezione stalattica, ma anche concrezione pietrosa
della vescica, come se il frequente riferimento nei testi ermetici al
dolore dei calcoli biliari - si veda ad esempio l’inizio del testo di
Basilio Valentino - volesse in qualche modo ricondurci al tema igneo.
Certo, qui viene più facilmente alla mente Eudosso che nel dotto
trattatello di Limojon de Saint-Didier ci insegna che il fuoco dei
Filosofi è della natura della
calce.
La sarabanda cabalistica potrebbe continuare, perché ha qui uno dei
suoi terreni più fecondi. Ci torneremo nei passi appropriati, ma
vogliamo ancora accennare al francese pur,
puro, e a pur-gation, pur-ger, purge, così simili peraltro all’italiano, con tutti i significati
connessi all’azione pur-ificante del fuoco e alle sue capacità di
eliminare le feci in eccesso.
Eppure pourri (pronuncia
“puri”) vuol dire corrotto:
il fuoco è anche l’agente che provoca la putrefazione, ma questa è,
in un certo senso, una corruzione benefica e necessaria per una
purificazione successiva, quindi non si ha contraddizione.
Vedremo altrove i legami col fimo, per ora concludiamo col fuoco
del fuoco, in greco pûr purós,
la porpora, fuoco per
eccellenza, conclusione definitiva dell’Opera Fisica. Resta
il fatto che nell’Opera i Fuochi sono più di uno, come ci dice per
esempio Ripley nei suoi Assiomi Filosofici:
Sono
quattro i tipi di fuoco che devi conoscere: il Naturale,
l’Innaturale, quello Contro Natura e quello Elementale che
infiamma il legno. Noi ci serviamo di questi fuochi e non di
altri.
Il
Fuoco di Natura sta in tutte le cose ed è il terzo menstruo.
Quello Innaturale, detto imperfetto, è il fuoco di ceneri e dei
bagni per la putrefazione, e senza di lui non si porta nulla
sino alla putrefazione.
Il
Fuoco Contro Natura deve tormentare i corpi, è il drago che
brucia con violenza, come il fuoco dell’inferno.
Fai
un fuoco nel tuo vetro, che bruci i corpi più efficacemente del
fuoco Elementale.
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Di questi quattro
fuochi parla Maier nel XVII Emblema dell’Atalanta
Fugiens. Il titolo dice “Una
quadruplice ruota regge quest’opera di fuoco”, che
nell’epigramma così è descritta:
Tu, che vuoi imitare l’opera di Natura,
quattro sfere devi cercare, che agita all’interno un
fuoco lieve. La più bassa ricordi Vulcano, la seconda
indichi bene Mercurio, la terza abbia la Luna, la quarta, Apollo, sia anche intesa come
fuoco di natura. Quell’incatenamento guidi nell’arte
le tue mani.
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Nel commento,
riprendendo Ripley, Maier afferma che il fuoco naturale coagula, quello
innaturale dissolve, il fuoco contro natura corrompe e quello elementale
fornisce il calore e il primo movimento. Aggiunge che si concatenano
secondo un ordine invariabile per cui il secondo è spinto all’azione
dal primo, il terzo dal secondo, il quarto dal terzo e dal primo
insieme, per cui ognuno di loro è di volta in volta attivo e passivo. I
Maestri si divertono a dare mille nomi ai loro fuochi, nomi che sarebbe
davvero ingenuo prendere alla lettera, mentre in realtà sono
descrizioni delle diverse manifestazioni di un unico agente. Alcuni
elenca Dorn nelle sue Congeries
Paracelsicae, e può essere interessante, e curioso, leggerli:
Il
fuoco in Alchimia si manifesta su diverse materie e con diversi
effetti.
Ci
sono le fiamme di legna, che chiamano fuoco vivo, e con cui si
calcinano o riverberano i corpi di tutti i metalli e delle altre
cose.
C’è
il calore continuo della candela o della lucerna, con cui si
fissano le cose volatili.
C’è
il fuoco di carboni, con cui si cementano (calcinano), colorano e purgano dai loro escrementi i corpi (questo inoltre porta
oro e argento al massimo grado di qualità, imbianca Venere e
insomma rinnova tutti i metalli).
C’è,
per un’altra operazione, la lamina infuocata di ferro, su cui
si esaminano le tinture.
C’è
il calore eccitato col fuoco in mezzo alla limatura di ferro.
C’è
quello nelle ceneri.
C’è
quello nella sabbia.
C’è
quello nel bagno del Mare o di Maria (come si dice), con cui si
fanno diverse distillazioni, sublimazioni e coagulazioni.
C’è
il bagno di rugiada, che si chiama anche vaporoso, con cui si
fanno molte soluzioni di cose corporee.
C’è
il ventre equino, in cui si fanno specialmente putrefazioni e
digestioni.
Poi,
oltre a tutti questi, c’è il fuoco invisibile, cioè quello
dei raggi del Sole, che si manifesta con i suoi effetti mediante
un cristallo o uno specchio, e che gli antichi non hanno
menzionato...
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Non
possiamo infine non citare Artefio che nel suo preziosissimo Libro
Segreto riprende più volte questo tema igneo. Uno dei paragrafi più
importanti dice:
Abbiamo
propriamente tre fuochi, senza i quali l’arte non si può
compiere. Colui che lavorasse senza quelli si affaticherebbe
invano.
Il
primo è di lampada.
È continuo, umido, vaporoso, aereo e artificioso da trovare,
perché la lampada deve essere proporzionata alla chiusura, e in
questa lampada va usato molto ingegno, cui non arrivano coloro
che hanno dura cervice, perché se la lampada non è
geometricamente e adeguatamente adattata al forno, o per difetto
di calore non vedrai i segni attesi al momento giusto, e
partendo perderai ogni speranza in un’attesa troppo lunga, o
se è troppo veemente brucerai i fiori dell’oro e ti
lamenterai tristemente delle tue fatiche.
Il
secondo fuoco è di ceneri,
dove è posto il vaso sigillato ermeticamente, o piuttosto è
quel calore dolcissimo che circonda il vaso che proviene dal
vapore temperato della lampada. Questo fuoco non è violento se
non è troppo eccitato, è digerente, alterante, si prende
altrove che dalla materia, è unico, è anche umido e secco.
Il
terzo è il fuoco naturale della nostra acqua.
Perciò è chiamato fuoco contro natura,
perché è acqua e tuttavia essa fa sì che l’oro diventi vero
spirito, ciò che il fuoco comune non potrebbe fare. Questo è
minerale, uguale, partecipa dello zolfo, rompe, congela,
dissolve e calcina tutto, è penetrante, sottile, non bruciante,
è la fontana in cui si lavano il Re e la Regina, di cui abbiamo
sempre bisogno, all’inizio, nel mezzo e alla fine.
Degli
altri due fuochi invece non abbiamo sempre bisogno, ma solo
talvolta...
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Si sarà notato che
Artefio non parla del quarto fuoco, quello elementale,
che descrivevano gli altri, Maier in particolare. Questo è alla base
stessa della nostra manifestazione. Proprio per questo motivo la maggior
parte degli autori lo dà per scontato. Ora, da qui partono considerazioni che toccano il grande arcano
del Fuoco Segreto o Filosofico, su cui Fulcanelli torna così spesso
nelle sue opere. Non mancherà perciò l’occasione di riprendere
l’argomento, e allora, tra gli altri Maestri, leggeremo anche il
famoso Pontano che gli ha dedicato un apposito libretto.
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